Friday 10 February 2017

Le sere sono uguali, ogni sera è diversa.


Una serata uggiosa come troppe, con una discussione senza senso sulla pizza, un bel fagotto di stanchezza, l'uggia della routine, la pazienza finita, la casa immersa nelle urla e il casino e io che ho solo voglia di silenzio.
Poi l'ora di andare a letto con il libro nuovo a capitoli, la B che russa dopo un minuto e F che rompe le palle.
- Stai qui - Va bene sto qui, però metti la testa sul cuscino, chetati e dormi - Stai qui accanto a me - Ti canto una canzone -
...Un vecchio e un bambino...
E da li non mi sono più ripresa, la mente ha vagato 30 anni di canzoni, urlate a squarciagola in macchina nelle sere di estate, cantate con il groppo alla gola perchè sembravano parlare di me, canzoni che hanno regalato emozioni, canzoni legate a un ricordo specifico. Vidi il testo di "Un vecchio e un bambino" scritto sul diario della mia amica Amanda in prima liceo e da lì mi è toccato cantare Guccini per 20 anni. L'avvelenata urlata per le parolacce è sempre stata l'arma di catarsi suprema, specie in macchina la notte. Eskimo, perchè a 20 anni era tutto ancora intero e si poteva avere tutto per possibilità. Ed il monito che "bisogna saper scegliere il tempo, non arrivarci per contrarietà" mi ha guidato in più di una occasione in questi travagliati 42 anni di vita. La mia canzone preferita era sempre stata "Canzone quasi d'amore", perchè nella mia camera a Pistoia, mentre studiavo per qualche esame, mi sentivo proprio di fare goffi voli, di azione e di parola, volando come vola il tacchino.  "Farewell" invece si cantava a squarciagla in Valle Ombrosina con la chitarra, davanti al fuoco e l'alcol che scorreva a fiumi. Parlava di noi, dei nostri 20 anni, dei nostri amori e del senso di ebrezza che si provava a affacciarsi per la prima volta alla finestra dell'età adulta. Era il nostro motto, i primi anni dell'università, che non c'è niente che non passi o che non resti con il vino.
Poi le ali per me hanno iniziato a spiegarsi, per fortuna, e ho smesso di sentirmi un tacchino, ma sul Camino Inca, davanti alla immensa valle dell'Urubamba, c'era sempre Guccini con me.  ...Sentì che era un punto al limite di un continente... Tutte le volte che la Natura mi sovrasta, in cima all'Himalaya così come davanti all'oceano in Brasile, quelle parole mi sono sempre tornate alle labbra.
La serata è andata avanti così in flusso di coscienza. F è crollato a metà di Cyrano e la mia mente è andata per i cazzi suoi, saltando da un cantautore dall'altro. Dal bar del liceo sulle note di ...compagno di scuola, compagno di sempre ti sei salvato dal fumo delle barricate... alle notti in montagna quando qualcuno mi cantava ...e te ne vai con la mia storia fra le dita.... ed io non capivo perchè, che era passato troppo tempo. Qualcun altro una volta mi deve aver detto che gli ricordavo la ragazza di autogril, quella bionda senza averne l'aria; eppure io mi sono sempre sentita quella con un posto dentro te in cui fa freddo e nessuno pare l'abbia mai capito. La mente ancora va, senza catene, come il falco di Grignani e sono le 11.20 e dovrei dormire. Da quanto tempo non pensavo a quegli anni, a quei luoghi, a quelle emozioni. Erano anni intensi, di fatti e di persone. Ero a casa, eppure spesso anelavo a essere da qualche altra parte ..Così dicevi e mi chiedevi professore, dimmi se sono un qualunquista un uomo ad ore... Questa è spuntata da chissà dove, mi piaceva tanto. Quando ero più giovane parlavo a testi di canzoni, ne sapevo decine, mi vantavo di essere un jukebox, cantavo a richiesta nonostante sia sempre stata notevolmente stonata. Dove sono finite tutte quante? Per stasera è una domanda che resta lì senza risposta, perchè si è fatto tardi, davvero, e non è sano rimpiangere i 20 anni, le notti stellate e la chitarra. Le notti stellate alla fine son sempre lì, me n'è capitata una sotto mano di recente, con Orione splendente sopra la testa, il mare calmo davanti e una bambina per la mano a cui mi sono ritrovata a sussurrare ... sentì che era un niente, l'oceano immenso di fronte. Ora è tempo di dormire accanto a quello a cui un tempo dedicai "L'uomo che cammina sui pezzi di vetro" (che non apprezzò, perchè odia la sfigata canzone italiana). Domani è un altro giorno e qui c'è da rititarle su, le barricate. Però non ho mai detto che a canzoni, si fan rivoluzioni, si possa far poesia... e invece pare che si studi a scuola, Guccini, al giorno d'oggi e questa, ecco, proprio non mi va giù. Mi consolo che quei due forse studieranno Bob Dylan.

4 comments:

  1. oh che bellezza di post Fede!

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    1. Grazie Connie... dove eri finita? Io anche non sono piu' produttiva come un tempo, purtroppo.

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    2. è una lunga storia, anche divertente a tratti

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